#15. (di liste paratattiche, scrittura e scarti)

c’è una specie di ossessione che continua a starmi addosso, a insoddisfarmi, a farmi mancante. soprattutto in un periodo, come questo, in cui i riti di fine anno impongono ai più la necessità di stilare classifiche liste di preferenze (che ormai nessun stabilisce un ordine di valore, di priorità: tutto è sullo stesso piano – e forse questa forma paratattica riflette un cambiamento culturale in atto). a volte, ma solo a volte, uno potrebbe avere l’impressione che ad assicurare la diffusione di una scrittura spesso siano fattori extra-scrittori (o extra-letterari), magari pure un poco fortuiti, che in certi casi sembra che abbiano a che vedere più con la capacità di aprire canali, di farsi notare, di essere nel posto giusto. il che è fondamentale, soprattutto in questi tempi di messa a mercato del sé. non sto certo pensando alle tonnellate di robaccia che vengono pubblicate a ciclo continuo dall’industria editoriale. penso piuttosto a cose anche belle, che funzionano, che sembrano avere un perché. e questo pensare, però, alimenta domande: mi chiedo cos’è che fa di una scrittura una scrittura incisiva: che tocca, lascia il segno, traccia psico-fisica. lo scarto tra la percezione delle scritture altrui che io sento (so?) incisive e le scritture che produco è sempre immenso, ma un immenso dinamico, con i due punti di confronto, la mia scrittura e quella altrui, che continuano ad allontanarsi. mi dico che dovrei scrivere di più per migliorare, per accorciare questo scarto e invece scarto mi pare rimanga, la mia scrittura. senza falsa umiltà, non ho bisogno di smentite in mio soccorso: io so che lo scarto tra il mio scarto e la scrittura incisiva è incolmabile. eppure continuo a gettare parole con un’ostinazione che in altri leggerei forse come stupidità. mi chiedo se ci sia bellezza o grandezza in questa ostinazione. più spesso penso sia una necessità, un’urgenza a cui non posso sottrarmi. e provo quasi pena, per me stesso, per questo mio provare scomposto, scoordinato, per questo mio volere un risultato che rimarrebbe comunque un po’ più in là: “desidero solo ciò che non avrò: la conferma che le mie parole hanno toccato il cuore del mondo”.