meno, anzi, niente o quasi: vino, carne, zuccheri. dormire di più, meglio. le giornate intere, una dopo l’altra, davanti allo schermo del computer torneranno, stanno già tornando ma: sottrarsi il più possibile, allentare lo sforzo. respirare, camminare. indugiare al sole, fermo, nonostante il vento freddo. ripensare al rincorrere obiettivi, perché dopo tutti questi anni non sento più di dover dimostrare nulla. di conseguenza, portare uno sguardo diverso sul futuro, cambiare le domande, avvicinarsi a quelle meno sbagliate. chiedermi e chiederci cosa fa stare bene, capirlo per quanto possibile, andare in quella direzione. quanta fatica è necessaria per quali risultati? limitare gli sforzi in accordo. quanti anni ancora tutti i giorni davanti al pc cercando di assicurare un futuro (personale, che sembra lontano e difficile, in un futuro globale, collettivo, che si fa sempre più cupo)? quanto senso ha questa ostinazione alla corsa, all’affanno, al modello novecentesco che ormai è saltato? gli occhi chiedono montagne e orizzonti, le gambe sentieri da camminare e strade da pedalare, i polmoni aria non tossica, la pancia cibo che abbia gusto, che sia vicino, prossimo, le orecchie chiedono silenzi e fruscii e voci basse, abbaiare di cani in lontananza, parole solide tra amici, la testa quiete e pensieri lenti, sincronia con i gesti delle mani, con il muoversi dei piedi, con il contrarsi e rilassarsi degli organi interni. tempi vuoti, direzioni nuove. ancora: svuotare, sottrarsi, alleggerire. quanto è possibile, ogni volta che è possibile.