#20. (da qualche parte nella mia chimica)

da qualche parte nella mia chimica ci deve essere una molecola interruttore. spento, acceso e qualche stato sospeso che sposti il peso della scelta troppo facile tra on e off ci sono innumerevoli possibilità come tra achille e la tartaruga la distanza si fa infinita così io mi infinisco e mi sfinisco a cercare di capire dove posso trovare la mia molecola interruttore ma lei non si fa controllare quindi nel mio funzionare biochimico c’è un elemento su cui non ho il dominio e come un domino di sensazioni mi porta verso territori che non ho scelto, mi fumo il libero arbitrio che penso di aver ricevuto e osservo il mio stato mutare senza che io muova un dito allora forse meglio arrendersi, aprire i sensi a possibili diversi, incauti accostamenti tra il mio scrivere e lo scrivere degli elementi che certo sono più profondi e attenti allo spettro intero dei viventi e forse anche agli spettri e tutto ciò che resta al di fuori non del mondo sensibile ma del mondo che io posso sentire e di cui io posso fare senso, in un silenzio assenso in cui si accetta l’esistenza come un’evidenza ma niente può essere più lontano dalla nostra esperienza che due atomi separati da una piccolissima distanza che è tale solo se guardata con i nostri sistemi di misura ma è smisurata se paragonata alla grandezza di quegli stessi atomi che tiene a distanza, posso allora chiedermi cos’è che mi capita, se una molecola diversamente simpatica arresta il mio flusso di coscienza e la mia scrittura si prosciuga come il po in secca, l’emergenza climatica si fa microcosmica e asciuga la fiumana sinaptica, facendomi perdere quell’azione prolifica di scrittura che prende la forma di codice fatto di grammatica e sintassi e simboli arbitrariamente decisi in umani consessi, ma questo codice è anche il limite del mio potermi esprimere e mi fa chiedere come potrei passare queste parole fuori dal recinto linguistico, trasformarle in un elemento chimico mutante che diventa psichico mutante che mi permette di entrare in contatto con le piante, sentirne la linfa e il crescere, uscire e riuscire e continuare a venire fuori dalle porte dei miei limiti, milito per una concezione diversa del tempo, non più lineare ma policentrico e flessibile, esplorabile come un ambiente 3D ma reale, dove entri in una porta e non sai dove ti puoi ritrovare, fuori dall’io sarebbe già ottimo per cominciare, fuori dalla percezione dell’io sarebbe il posto più bello da esplorare… [continua?]