in questa mattina di gennaio in cui digito, a schermo, senza motivazione, coesistono vento e una leggera nebbia. (nemmeno prendere questo apparente contraddirsi di fenomeni atmosferici come sintomo dell’emergenza climatica che già ha sconvolto queste terre: solo prenderne atto). osservo molto, soprattutto ciò su cui non posso nulla: l’umano e il suo de-cadere. su quel che posso, agisco: meccanicamente: un’azione segue l’altra (restano fuori le domande). dovrei fermarmi, per scardinare questo incatenarsi del fare perché non si limita più ai campi in cui vale: pervade. quindi: fermarsi per: mettere a fuoco, mirare, anche se un fallimento scelto costa più di un fallimento meccanico. anche se: tutto è deterministico. anche se: lo spaziotempo che abito ora non chiama né senso né (ed è peggio) scrittura. anche se: gli inibitori della pompa protonica. anche se: la cbd per dormire. anche se: gli automatismi, le frasi (s)fatte, le scritte sulle confezioni dei prodotti (l'”involucro sigillato salvasapore”! l'”idratazione quotidiana revitalizzante”!). anche se: meno parole, più suoni, in un bisogno di silenzio che non è mai quietato.